Ukulele: una “pulce” dal futuro luminoso  

Perepepe Due cappello Ukulele
Ukulele: continua a crescere  tra i giovanissimi e finalmente anche nelle scuole la popolarità dello strumento hawaiano con avi portoghesi.

Quando, in un luminoso mattino dei primi anni del secolo XIX, in una piantagione di canna da zucchero nei pressi di Honolulu, uno sciamano hawaiano decise di battezzare “ukulele” quella piccola chitarra con sole 4 corde, nessuno avrebbe potuto immaginare il successo planetario del nome e dello strumento medesimo.

Tanto che ormai nel mondo occidentale, se dici ukulele, subito pensi alle Hawaii, alle palme, all’estate. Merito di un piccolo strumento che ha nella semplicità di uso e nella facilità di trasporto la ricetta del suo successo e i semi di una piccola grande rivoluzione, che ormai riguarda sempre più da vicino anche i più piccoli, data la sua crescente diffusione nelle scuole e nei corsi di musica per giovanissimi. 

Ma cosa era accaduto? I coloni portoghesi avevano portato oltreoceano, nelle loro colonie e nelle isole del Pacifico le loro canzoni e tradizioni e strumenti. Tra questi il cavaquinho, una piccola chitarra con sole 4 corde, tuttora diffusissima nella musica popolare brasiliana.

Gli hawaiani gli cambiarono le corde (dal metallo al più dolce nylon), l’accordatura e giustamente a quel punto, il nome. Ukulele infatti in lingua hawaiana significa “pulce saltellante”, proprio per la brillantezza e l’agilità del suono. Dalle Hawaii l’ukulele arrivò negli USA dove fu molto utilizzato nei primi decenni del ‘900 finché non fu soppiantato dall’evoluzione tecnica (e dall’amplificazione) della chitarra.

Ma rimase nella memoria collettiva come strumento esotico e solare. Fu poi il grande Billy Wilder a farlo strimpellare a Zucchero Kandinsky (Marilyn Monroe) in “A qualcuno piace caldo” e a far entrare nel mito il film, il personaggio e di rimbalzo anche l’ukulele.

Da noi il successo di questo strumento è molto più recente e cresce come un’onda (ovviamente hawaiana) che lascia presagire mareggiate future.  

Nel 1993 esce un medley per voce e ukulele di due notissime canzoni jazz: Over the rainbow e What e Wonderful World. Firma il disco un musicista dal nome impronunciabile (Israel “IZ” Kamakawiwo’ole) che – affetto da una gravissima forma di obesità – morirà qualche anno dopo.

Il brano viene notato da Hollywood, finisce in “C’è posta per te” ed è il boom. Da due decenni ormai la sua diffusione è continua, perché l’ukulele ha una serie di innegabili pregi: è più accessibile di una chitarra, sia come prezzi che come maneggiabilità e adattabilità alle mani più piccine, si presta a diversi generi e soprattutto si impara facilmente. Certo, ci sono i virtuosi come Jake Shimabukuro o James Hill, ma la loro presenza dimostra solo che – imparato a fondo – è uno strumento vero, non un giocattolo. A voi non serve impararlo. Serve strimpellarlo.
Dimenticatevi quindi dei virtuosi e pensate alla facilità di apprendimento.

Molti didatti e musicisti ne propongono addirittura l’adozione nelle scuole, al posto del tanto vituperato (e spesso, a onor del vero, inascoltabile) flauto dolce. Il fatto è che l’ukulele è proprio fatto per accompagnarsi e cantare. Il flauto dolce, per definizione, è alternativo al canto. Per la formazione dell’orecchio e delle attitudini musicali, quindi, l’ukulele vince a mani basse il confronto.
E per fortuna in alcune scuole illuminate, si fanno passi avanti, anche grazie all’editoria di qualità. È uscito per esempio lo scorso anno per Curci il libro “Iniziamo presto con l’ukulele” che raccoglie e condivide la preziosa esperienza dell’associazione Oltremusica, che ha utilizzato lo strumento come “portatore sano di socialità e benessere” sia con i bimbi sia con gli adulti.

E anche nel territorio modenese le iniziative non mancano. Tra gli altri, a Nonantola oltre ai corsi delle le Officine Musicali è andata in scena proprio due giorni fa la Sonic Uke Orchestra dimostrando una volta di più come l’ukulele è talmente versatile da poter eseguire nello stesso concerto composizioni di Lennon-McCartney e di Edward Grieg.

Scommettiamo che se prendete in mano un ukulele, o lo regalate al vostro bimbo, nel giro di un’ora sia lui che voi sapete strimpellare il giro di do, con cui notoriamente si possono eseguire centinaia di canzoni? 

A quel punto, vi sarà difficile lasciarlo a casa, quando finalmente partirete per le vacanze.

Articolo pubblicato su Zero14, supplemento Ragazzi della Gazzetta di Modena.