Le canzoni che fanno crescere davvero

Perepepe zio e tromba al castello visconteo
Ma le canzoni per bambini sono davvero insopportabili? Questa domanda l’ha recentemente posta Erica Vecchione in un post sul Fatto Quotidiano.

Erica sostiene in modo forte e provocatorio che le canzoni per bambini sono IL MALE. E la sua analisi inizia in un momento che noi genitori conosciamo molto bene: una festa di compleanno in cui la musica è quasi esclusivamente commerciale, i suoni appaiono “plastificati” dall’eccesso di elettronica, i testi sono iper semplici, le melodie adeguatamente ripetitive e le armonie non sfuggono quasi mai al rassicurante giro di do. Per non menzionare la presenza immancabile e definitiva a ogni festa, di Rovazzi e Gabbani (artisti a loro modo geniali, indubbiamente).
Ora, è vero che i bambini hanno età e sensibilità diverse. Ma è altrettanto vero, fortunatamente che i bambini crescono. E crescendo ascoltano e imparano. Ed è vero soprattutto che i bambini sono bambini, ma non sono asini.

Esattamente come accade per le storie narrate o scritte e come ci ha spiegato benissimo Bianca Pitzorno in “Storia delle mie storie”. (un’autobiografia mascherata da manuale di scrittura, o viceversa), i bambini non hanno paura di crescere, di leggere o ascoltare storie sempre più complesse e difficili. Anzi, loro vivono per questo. Per fare esperienze, acquisire strumenti, superare ostacoli, dubbi, paure. In buona sostanza, per dirla con Chesterton “Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi. Ma che i draghi possono essere sconfitti”. E con la musica è esattamente la stessa cosa.
Anche la musica può e deve essere a volte difficile, strana, impegnativa. Perché svolga in pieno un ruolo educativo, essa deve essere sfidante. In modo graduale e guidato ovviamente. 

Nella nostra esperienza di educatori ed esploratori musicali, in questi anni, abbiamo verificato come questa sfida possa e debba avvenire su due piani, distinti, ma intrecciati: quello sonoro, proprio della musica strumentale e quello narrativo, legato in primis alle canzoni, alle loro storie e parole. Abbiamo incontrato numerosi bambini che non avevano mai udito dal vivo il suono di un violino, per esempio. E che sono rimasti a bocca aperta davanti a un minuetto di Mozart. E se si sorprendono davanti a un violino, figuriamoci davanti a un balafon africano. O all’uso di un collo di bottiglia sul manico di una chitarra nel blues rurale. Questo accade perché mancano purtroppo nella vita di molti bimbi occasioni di ascolto della musica dal vivo.

Anche le canzoni per bambini, in sintesi, non sono il male. Sono solo canzoni. Sono uno strumento. E il loro effetto dipende da come le si usa. Però i bambini non sono asini: sono piccoli adulti e hanno una gran voglia di crescere e di sentirsi grandi. E la musica e le canzoni giuste, in questa crescita, li aiutano tantissimo. Basta saperle scegliere e proporre, nel modo giusto e al momento giusto.

 L’aspetto della crescita attraverso le canzoni è forse ancor più fecondo. Le canzoni davvero grandi,  quelle che non a caso diventano dei “classici”, parlano al cuore e al cervello di ogni età. Basta saperle prima scegliere e poi proporre nel modo giusto. La canzone jazz, quella d’autore, persino la canzone popolare raccontano mondi e temi che possono fornire centinaia di spunti educativi. 

Perché una canzone è molto di più di una musica con delle parole da cantare. Una canzone, se la “apri” e la esplori bene, diventa molto di più: diventa un contenitore di storie. E se uno si mette a raccontarle, quelle storie, una canzone può diventare un posto dove portare i ragazzi in “gita”.

In una 5a elementare quest’anno abbiamo fatto un percorso in più tappe, con alcune canzoni d’autore. E abbiamo usato l’antica ballata Geordie per parlare di Storia (e della legge), Samarcanda di Vecchioni per parlare del destino e Titanic di de Gregori per raccontare la forza della natura (e la miseria della natura umana).
È vero che alcune di queste canzoni compaiono anche nelle antologie scolastiche (de André per esempio era fieramente contrario). Ma perdono di senso se ridotte al solo testo ed estrapolate dalla loro storia. Perché la verità è che le canzoni non vanno chiuse, mute, dentro un libro. Le canzoni anche a scuola, devono far vibrare l’aria, si devono ascoltare.
Poi sempre in 5a abbiamo usato di nuovo la classicità di de Andrè per parlare di guerra (La guerra di Piero), ma anche di storia e colonialismo (Fiume Sand Creek).
Ma, uscendo dal mondo dei cantautori (e dal tema della morte che come avrete notato lega tutte le canzone citate fin qui), in una 1a elementare usiamo il Quartetto Cetra per parlare di invidia e consapevolezza di sé (Il cammello e il dromedario) o Nicola Arigliano per parlare di amori (Il Pinguino innamorato).
Come ben sa chi lavora con i più giovani, ogni volta che diamo in pasto a una classe uno di questi gioielli, che gli gettiamo uno di questi semi, ce lo vediamo restituito in energia, domande, confronti, interpretazioni. 

Le canzoni per bambini, in sintesi, non sono il male. Sono solo canzoni. Sono uno strumento. E il loro effetto dipende da come le si usa. Però i bambini non sono asini: sono piccoli adulti e hanno una gran voglia di crescere e di sentirsi grandi. E la musica e le canzoni giuste, in questa crescita, li aiutano tantissimo. Basta saperle scegliere e proporre, nel modo giusto e al momento giusto.

Questo articolo è uscito in due puntate su #Zero14 supplemento Ragazzi della Gazzetta di Modena.